Chi è Michele Cappelletti
Michele, classe 1992, cesenate di nascita, è una stella emergente del beach tennis: ad oggi occupa il 4° posto nel Men’s ITF Beach Tennis Rankings. È il primo grande “figlio d’arte” del beach tennis: Stefano, suo padre, è un bravissimo maestro e bravo giocatore.
Oggi ha rilasciato un’intervista a Dorelan ReActive per parlarci di questa nuova disciplina, molto apprezzata tra i giovani e che asta prendendo sempre più piede in Italia e nel mondo.
Ciao Michele, partiamo da una curiosità: racchettoni o beach tennis?
Beh, direi assolutamente Beach Tennis! Non mi è mai piaciuto il nome “racchettoni” perché ricorda una pratica molto amatoriale ed esclusivamente estiva, mentre invece in Italia si gioca tanto anche indoor durante l’inverno e noi giocatori ci alleniamo tanto quanto negli altri sport. È un peccato non essere ancora presenti alle Olimpiadi: se infatti consideriamo il numero di praticanti e la spettacolarità della disciplina, non siamo secondi a nessuno.
Abbiamo detto che il beach tennis non è uno sport esclusivamente estivo. La domanda sorge spontanea: cosa fai d’inverno?
Durante l’inverno viaggio in tutto il mondo per giocare tornei e/o fare stage per insegnare questo sport a chi non lo conosce. In questi anni ho avuto la fortuna d’imparare l’inglese, il francese e il portoghese che mi ha permesso di poter lavorare un po’ in tutto il mondo senza bisogno di traduttori. Passo dalle isole Réunion e Mauritius nell’Oceano Indiano al Sudamerica (Brasile soprattutto) per poi spostarmi in Asia (Giappone, Thailandia) e per finire in bellezza, nei Caraibi (Aruba, Curaçao, Saint Martin, Saint Barth, Bonaire). Durante l’estate europea invece gioco soprattutto in Italia e appunto in tutta Europa inclusa anche la Russia (Mosca, Kazan, San Pietroburgo).
Per chi ancora non conoscesse questo sport, cosa cambia rispetto al tennis e quali sono le peculiarità?
A livello amatoriale si possono trovare tante similitudini con il tennis, però appena si alza un po’ il livello ci si rende conto che questi due sport sono molto differenti. Nel BT si gioca con una racchetta più corta e leggera (massimo 50 cm di lunghezza e peso di circa 390 grammi) e si gioca solamente al volo pertanto i riflessi sono molto importanti.
I movimenti dei colpi sono corti e quindi diversi da quelli del tennis; si ha solo un servizio disponibile per punto (non quindi doppio come nel tennis) e ovviamente si gioca nella sabbia che è una superficie molto diversa dalle superfici del tennis, dove la forza esplosiva e la rapidità diventano componenti fondamentali.
Immagino che anche la preparazione atletica sia molto differente…
Si, è proprio così. Come detto in precedenza forza esplosiva e rapidità sono componenti fondamentali: si lavora molto anche sui riflessi e sulla rapidità dei piedi. Nel tennis si gioca un match al giorno che può durare varie ore, nel beach tennis invece i match durano meno (circa un’ora) e gli scambi sono più corti. Si giocano sempre minimo 2 match al giorno, il che vuol dire che la resistenza è importante e anche la preparazione atletica deve essere adattata al fatto che non si gioca un match unico, dove dobbiamo dare tutto ma centellinare un po’ le energie durante tutta la giornata. Infine, il dover eseguire tanti balzi rende fondamentale l’allenamento sulle gambe e in maniera specifica sulla forza, sulla resistenza, ma anche sull’agilità per riuscire a muoversi bene sulla sabbia.
Quali sono le maggiori difficoltà del beach tennis?
Personalmente credo che dover giocare più di un match al giorno sia difficile perché devi sempre “resettare” ed essere pronto a preparare tecnicamente e tatticamente il match successivo. Un’altra difficoltà è la presenza di un solo servizio che rende il colpo fondamentale e decisivo. Anche il cosiddetto “punto secco” sul 40/40 rende tutto sempre molto incerto e il match può cambiare d’inerzia da un momento all’altro, data la rapidità del gioco.
Soffermiamoci un secondo sull’aspetto psicologico del beach tennis…
Come già detto, giocando tutto al volo e avendo un solo servizio più il punto secco sul 40/40, la tensione è sempre alta e hai pochissimo tempo per cercare di cambiar l’andamento della partita; in più riuscire a rimanere lucidi e concentrati quando il gioco è così rapido è davvero complicato. Va da sé che l’aspetto psicologico è determinante!
Guardando l’altra faccia della medaglia ovvero il recupero cosa puoi dirci? È davvero cosi fondamentale anche nel tuo sport?
Tantissimo, specialmente perché giochiamo sempre in condizioni abbastanza estreme, con i piedi nella sabbia rovente che può arrivare anche a più di 40 gradi. Muoversi nella sabbia è molto più faticoso che nel cemento e quindi recuperare bene, spesso fa la differenza tra il poter o meno vincere il match successivo.
Come ci dicevi, viaggi spesso per il mondo: ti è mai capitato di non dormire a causa di un materasso non confortevole?
Purtroppo, sì. Sono alto 1.93 cm e quindi rimango spesso con i piedi fuori dal letto. Oltre ad essere fastidioso riposare in queste “condizioni”, spesso si aggiunge anche la scarsa qualità del materasso. Avendo qualche acciacco alla schiena questo incide molto e negativamente sul mio recupero e sulla mia condizione fisica. Il rischio è che nella competizione del giorno seguente, il dolore si accentui compromettendo le mie performance.
Ringraziandoti per il tempo dedicato chiudiamo con tre consigli per chi si avvicina a questa disciplina.
Certamente! Il primo è divertirsi sempre e comunque. Il secondo è cercare di fare corsi con continuità durante tutto l’arco dell’anno in modo tale da non dimenticare tutte le nozioni imparate all’inizio del percorso. Il terzo è di non fermarsi alle prime difficoltà perché una volta che “ci si prende la mano” è uno sport davvero fantastico e intuitivo!