Editoriale

Lorenzo Bernardi: dalla gloria da giocatore all'allenatore

Lorenzo Bernardi: dalla gloria da giocatore all'allenatore

Lorenzo Bernardi, classe 1968, ex pallavolista italiano, inizia la sua carriera negli anni ottanta debuttando in serie A1 nella stagione '84-'85 nell'Americanino Padova. Successivamente approdò nel Panini Modena allenato da Julio Velasco che ne intuì da subito il talento.

Dopo i numerosi successi che portò al team, fu ingaggiato dal Volley Treviso in cui giocò per dodici anni  nutrendo di successi il medagliere. Ad oggi detiene il titolo di giocatore più scudettato nel campionato italiano. Sono 306 le volte in cui veste la maglia azzurra; fu sua l’ultima schiacciata che nel mondiale ’90 regalò il titolo mondiale all’Italia contro la nazionale cubana.  La stagione 2006-2007 è stata l’ultima da professionista in serie A, seguita da altre due stagioni in serie B con successiva promozione in A2. Infine intraprese l’altrettanto brillante carriera di allenatore. Nel 2011 entra a far parte della Hall of Fame del Volley. Dal 2016 è il CT del Sir Safety Perugia.

Oggi Lorenzo Bernardi ci ha rilasciato un’intervista parlando della sua carriera e del ruolo da sempre giocato dal recupero nella sua vita sportiva.

Raccontaci la tua vita sportiva, come ti sei avvicinato al mondo della pallavolo?

La mia vita sportiva inizia in piscina: come spesso accade ai ragazzini alti e magri, mi avevano riscontrato un principio di scogliosi e come rieducazione posturale mi avevano consigliato il nuoto e così ho iniziato. I risultati non erano male, ma mio fratello maggiore giocava a pallavolo, così molto velocemente è sbocciato l’amore per questo sport che poi è diventato quello che mi ha accompagnato per parecchi anni.

Come è cambiata la percezione del recupero da giocatore ad allenatore?

Sin da quando ero giocatore ho sempre dato molta importanza al recupero, soprattutto al sonno. Mi aiutava moltissimo a recuperare meglio e più velocemente. Anche ora che alleno il recupero fa parte integrante del nostro allenamento e di conseguenza il sonno e la qualità del dormire diventano fondamentali.

Quali tecniche o supporti utilizzavi da giocatore per migliorare il tuo recupero notturno?

Quando giocavamo noi si dava già parecchia importanza al recupero (inteso come riposo), ma non c’erano ancora delle grandi tecniche o supporti a sostegno di questo tema. Fortunatamente riuscivo a dormire un poì in quasi tutte le situazioni.

Quando eri giocatori si dava importanza a questa tematica? Cos’è cambiato nel percepito generale riguardo a questo argomento?

Il tema del recupero, visti i ritmi che i giocatori devono sostenere, diventa di primaria importanza. Avere la possibilità di dormire in situazioni il più possibile adeguate al nostro corpo ed organismo, aiuta l’atleta nel recupero delle energie fisiche in maniera più rapita e migliore. Adesso i grandi campioni curano tutti i dettagli nel miglior modo possibile. Chiaramente noi come staff dobbiamo cercare di mettere gli atleti nelle migliori condizioni possibili affinché possano rendere per il loro 100%. Per noi è sicuramente più semplice gestirli e controllarli quando si è in trasferta, dove la società cerca di prenotare hotel dove i letti siano il più confortevole possibile. Io ho avuto la possibilità di fare esperienze molto importanti anche all’estero e devo dire che anche in queste nuove realtà il concetto riposo/recupero è sempre più un tema importante.

Quale notte è stata più difficile da affrontare visto il tuo palmares, la finale del primo europeo o del mondiale?

Sicuramente le prime finali che ho affrontato mi hanno fatto passare qualche notte in bianco o quasi, poi con l’esperienza si impara a gestire anche questo tipo di attesa. Anche se penso sia più che normale sentire, dal punto di vista emotivo, determinati appuntamenti.

Sei uno abituato a giocare finali: ci si abitua a questo e si riesce a riposare senza ansia da prestazione o c’è sempre una prima volta?

Nel mio modo di programmare una stagione e soprattutto determinati momenti della stagione, come ad esempio i play off, il recupero – e quindi il riposo –  viene considerato non come parte integrante o accessoria dell’allenamento, ma come una parte fondamentale.